Poetica e poesia (1936)

W. Binni, La poetica del decadentismo italiano, Pubblicazioni della Scuola Normale Superiore di Pisa in coedizione con Sansoni Editore, Firenze 1936; con il titolo La poetica del decadentismo le edizioni successive, Firenze, Sansoni, 1949, 199611. Il paragrafo Poetica e poesia apre l’Introduzione al volume: una prima definizione della nozione di poetica che Binni considererà il nucleo originario della sua successiva riflessione critica e metodologica, riproponendo queste pagine iniziali del suo primo libro nella sezione «Alle origini di un metodo critico» del volume Poetica, critica e storia letteraria, e altri scritti di metodologia, Firenze, Le Lettere, 1993.

Poetica e poesia

Con la parola «poetica» si vogliono essenzialmente indicare la consapevolezza critica che il poeta ha della propria natura artistica, il suo ideale estetico, il suo programma, i modi secondo i quali si propone di costruire. Si distinguono di solito una poetica programmatica e una poetica in atto, ma la parola ha il suo vero valore nella fusione dei due significati, come intenzione che si fa modo di costruzione. Ad ogni modo, come non si identifica con la capacità autocritica dell’artista nell’atto creativo la chiarezza teorica circa l’essenza dell’arte, che egli può avere anche fuor di quell’atto, cosí non si identifica la poetica con la reale poesia.

Si possono dare molti equivalenti della parola «poetica» nel campo dell’esperienza artistica: è la poesia di un poeta vista come ars, lo sfondo culturale animato dalle preferenze personali del poeta, è il meccanismo inerente al fare poetico, è la psicologia del poeta tradotta in termini letterari, è il poeta trasformato in maestro, quella certa maniera storicizzabile e suscettibile di formare scuola, che si trova sublimata nell’attuazione personale dell’artista, è un gusto che ha radice in un’ispirazione naturale e che si complica su se stesso. Poetica è anche scelta e imposizione di contenuto, tanto piú violenta quanto piú esteriore è la forza nativa del poeta (per esempio, i futuristi).

Approssimazioni che non si eliminano, ma coesistono nella realtà della poetica, approssimazioni di cui ci si deve servire per distinguere l’idea di «poetica» e ritrovare la spinta costruttiva entro il pieno della poesia realizzata.

Poetica si distingue poi agevolmente da estetica in quanto che, mentre questa teorizza, la poetica ha un valore personale di esperienza e di gusto nativo. L’estetica cerca di dare un rigore scientifico al gusto, la poetica invece vuole concretare la vita attiva di una fantasia, la costruzione di un mondo poetico. Perciò, mentre un’estetica del decadentismo porterebbe alla discussione di problemi filosofici, la poetica ci porta in un campo di indagine letteraria, artistica, ad un’esperienza non teorica ma di testi poetici.

Poetica è il programma che ogni artista, in quanto tale, non solo segue, ma sa di seguire, anche se esplicitamente non ce lo dice. Perciò ogni poetica implica un’«arte poetica», ed ogni artista potrebbe, se volesse, redigere un qualcosa di simile all’Art poétique di Boileau o di Verlaine, una critica cioè della sua arte e un programma di lavoro. Sarebbe anzi possibile per ogni autore ridurre la propria poetica ad una serie di insegnamenti, che d’altronde acquistano vita reale solo nella poetica in atto della sua poesia.

Nel cogliere il divario fra la poetica e la poesia, fra il programma e la realizzazione effettiva, sta il compito essenziale del critico. Studiare quindi la poetica di un poeta significa afferrare il centro della sua ars e insieme la qualità della sua personale sensibilità.

La poetica può diventare cosí, da un lato, una precettistica e, dall’altro, spianarsi nel paesaggio sentimentale del poeta. Si intenda perciò l’estensione della parola e la sua efficacia come espediente di lavoro e di storicizzamento dei poeti in un’epoca spirituale.

Infatti l’utilità critica degli studi di poetica non si avverte soltanto all’esame interno della relazione tra poetica e poesia: vale agli effetti di una storia letteraria in quanto indica, entro i limiti della personalità, il gusto di un’epoca, le tendenze di un periodo letterario. Si può dire anzi che non si fa mai storia di poesia, ma di poetica.

Nei periodi di maggior «letteratura» e di maggior raffinatezza culturale, gli studi di poetica si mostrano ancora piú opportuni e giovevoli: nelle civiltà cioè in cui predomina l’ars, abbondano i programmi, ed hanno grande sviluppo le scuole e i cenacoli poetici. E soprattutto pare che gli studi di poetica abbiano maggiore valore quando si tratta di fenomeni letterari europei, quale il decadentismo.